Osservando l’arte moderna,  si deduce che l’arte arriva ad un limite, ad una cesura, e fa un’osservazione naturale voltandosi indietro, un’osservazione costruttiva  per se stessa. Il “passo indietro”, deve essere visto come punto di partenza per una nuova evoluzione artistica rassicurandosi della base artistica esistita, che definisco “base oggettiva”. Analizzando la forma o la morfologia artistica espressiva più vicina a noi, si evidenzia nel purismo un ritorno romantico al passato, nel novecento italiano (ritorno all’ordine), che rappresentò gran parte dell’ambiente artistico italiano tra gli anni venti e trenta, si evidenzia un’unione figurativa semplificata ma sempre realista, riconquistando la tradizione della forma definita. Anche dopo diversi anni si ritorna alla capacità manuale con la transavanguardia, dopo che l’arte ha donato e ha camminato spedita su forme  e concetti; ma con il temine del postmodernismo si è arrivato al rifiuto della tesi della modernità. Nel 1979 il filosofo Jean-François Lyotard ha sostenuto la fine dell’epoca moderna, espandendo il concetto alla condizione esistenziale. Il postmodernismo apre una nuova era di sfiducia, mettendo in crisi i basamenti dell’epoca moderna. Tutto questo ha scaturito i principi moderni di forme espressive più vicine all’individualità, di stili che generano un’interruzione nell’arte e la smaterializzazione dell’opera; e non solo tutto ciò diventò un principio teorico, ma diventò un principio politico che portò alla protesta nel maggio del 1968. “La smaterializzazione dell’opera e l’impersonalità esecutiva, caratterizzante l’arte degli anni settanta secondo uno sviluppo rigorosamente Duchampiano, trovano un loro superamento nel ripristino della manualità, nel piacere di un’esecuzione che reintroduce nell’arte la tradizione della pittura”,scrive Achille Bonito Oliva (1982), anno in cui teorizzò il movimento della transavanguardia: “La transavanguardia ha risposto in termini contestuali alla catastrofe generalizzata della storia e della cultura, aprendosi verso una posizione di superamento del puro sperimentalismo di tecniche e nuovi materiali e approdando al recupero dell’inattualità della pittura”. La novità e l’originalità dell’opera vengono superate e osservate con sospetto perché l’idea dominante era che tutto fosse già stato fatto. Transavanguardia significa “attraversamento” in contrapposizione con “avanzamento”, analizzando il linguaggio come passaggio alle diffusioni stilistiche. La multivariarte, significa traslazione, e vuole realizzare opere che, nella loro limitatezza bidimensionale e tridimensionale, mantengono sempre una manualità esecutiva. Bonito Oliva negli anni ’70 ha colto alcune peculiarità nell’ambiente artistico dell’ultimo periodo concettuale, come il cosiddetto “passo delle strabismo” inteso come modo in cui questi artisti svilupparono il proprio stile guardando indietro o di lato, ma non verso gli assolutismi. La Multivariarte si basa sulla “passeggiata dell’ubriaco”; ubriaco nel corpo ma sobrio nella mente,  il movimento da un punto di partenza tende ad andare in avanti, ma non si sposta in modo rettilineo, si sposta facendo un passo a sinistra o a destra e a volte un passo indietro, portando ad avere una visione artistica quasi completa. Questa passeggiata mi fa pensare alla dicotomia e nel mezzo ci sono una moltitudine di fattori che portano a realizzare quel risultato dicotomico. Questo concetto mi fa riflettere sulla ricerca filosofica di due francesi Gilles Deleuze e Felix Guattari, che scrissero “Millepiani” in cui contrapponevano il modello canonico filosofico che permetteva soltanto due risposte, affermativa e negativa, a quello rizomatico. Il rizoma è un tubero e viene contrapposto da Deleuze e Guattari all’albero e alla radice: la struttura cresce rispetto a un orientamento gerarchico, diverso è il procedere del rizoma che si sviluppa secondo configurazioni decentrate e in cui ogni parte può essere connessa a un’altra senza passare da un punto prestabilito. Il rizoma è un tipo di radice che non ha un centro, ma ha dei nodi; i due filosofi introducono il termine rizoma per descrivere la teoria e la ricerca che permettono interpretazioni e rappresentazioni multiple, non gerarchiche, e sempre in evoluzione.

Questo aspetto si avvicina alla multivariarte che vuole esprimere e mettere in evidenza rappresentazioni multiple. La multivariarte accetta anche il risultato dicotomico (affermativa e negativa), osservando il risultato finale e i fattori multipli che hanno determinato quel risultato dicotomico, che sono intrinsechi tra 0 e 1, fattori invisibili e impalpabili che intersecano e tendenzialmente si avvicinano a 0 e a 1 e ne determinano il risultato 0 o 1.

“Un bravo alunno universitario oggi ha un esame importante da affrontare, e il programma da svolgere è molto pesante; questo bravo allievo studia perfettamente tutto il programma ma sottovaluta un piccolo opuscolo di 30 pagine composto di tre capitoli e ogni capitolo di 5 paragrafi. Il bravo allievo dopo aver studiato bene i nove libri del programma legge l’opuscolo consigliato dal docente durante l’ultimo giorno del corso, però è così stanco che non riesce a leggere ultimo paragrafo dell’ultimo capitolo. Il giorno dopo è l’ora dell’esame ma, ahimè, il docente la sera prima viene  lasciato dalla fidanzata, si rompe la macchina durante il tragitto, prende il pullman, ma quando scende arriva un acquazzone e si bagna tutto, pensando all’ombrello lasciato in macchina. In sede di esame il docente con un animo disturbato chiama per esaminare il bravo alunno e gli chiede di illustrare proprio quel paragrafo numero 5 del terzo capito di quel libricino da leggere. Il risultato è che l’alunno è stato bocciato.”

Quello che voglio dire nella dicotomia promosso o bocciato, è che il risultato dell’esame è stato influenzato da una molteplicità di fattori non controllabili, virtuali, latenti, che hanno indotto ad un risultato finale. La multivariarte cerca di  indagare proprio questi fattori multipli, che coinvolgono l’uomo e la sua esistenza, rappresentando parte di quei fattori che non hanno materia e forma, che si sentono ma non si afferrano e tendenzialmente danno la direzione della nostra vita e della nostra società, rappresentando più dimensioni (oltre la quarta dimensione) sul piano della tela. Non si analizza più il centro di un quadrato, ma il centroide di un cubo; infatti se ci si sposta si vede un lato, se ci si sposta ancora si vede un altro lato, e ci si accorge che la forma che stiamo analizzando è un cubo, non più una faccia ma sei facce, e il centro del quadrato diventa il centroide. Scrisse Cézanne: “Lo stesso soggetto visto da angolazioni diverse, offre una materia di studio così interessante e varia, che credo potrei lavorare per mesi senza cambiare posto, solo inclinandomi un po’ a destra e un po’ a sinistra”. L’evoluzione o l’intuizione é di rappresentare non solo il centroide ma tutti i fattori multipli che sono all’esterno del cubo che colpiscono i sei lati del cubo e influenzano il centroide (l’uomo), svolgendo un lavoro estetico artistico che dal particolare va verso il generale (introspezionismo) o dal generale va verso il particolare (multivariarte), come se guardassimo, non con un binocolo, ma con un imbuto invertendolo in base a quello che si vuole esprimere tramite la rappresentazione artistica. L’uomo ha nella sua natura la sintesi e la rappresentazione di tutti quei fenomeni non controllabili che lo circondano, poiché non viviamo nel puro adimensionalismo, ma nell’incerto, ed è proprio questa componente che crea determinati eventi non controllabili, che toccano il cuore, la mente e l’anima, e  danno la direzione e la forma del sentimento, della riflessione e dell’immagine da rappresentare. Le rappresentazioni bidimensionali e/o tridimensionali sono riduttive rispetto fenomeni che sono correlati da molteplici fattori, poiché più dimensioni non sono rappresentabili o rappresentabili in parte tramite il “metodo Multivario Art“. L’artista multivario rappresenta  sul  piano della tela fenomeni inventati dall’uomo, dalla natura, o sentimenti che dipendendo da una serie di fattori. Tutta la ricerca è una dilatazione che, attraverso le forme del pensiero multivariato artistico, ritorna alla percezione della realtà, che alimenta l’intuizione e la rappresentazione; ma questo movimento continuo attira energia, che crea un’immagine rappresentabile ed esternabile tramite l’arte.