L’epoca in cui viviamo è quella del postmodernismo, che iniziò subito dopo la rivoluzione del 1968 e che portò forti cambiamenti. Con il postmodernismo si è visto che l’attenzione dal genere umano passa verso il singolo individuo immerso profondamente nella realtà del sistema societario. Le condizioni tecnologiche e economiche della nostra epoca hanno portato una società decentralizzata. La globalizzazione ha generato la moderna cultura decentralizzata determinando un sistema globale (la nostra società) proprio per i cambiamenti portati nelle comunicazioni, nei trasporti e nel settore manifatturiero. La perdita di un centro ci obbliga a svolgere una vita di transito perpetuo. La mia generazione, ha vissuto da adulta e sulla propria pelle i cambiamenti relazionali e tecnologici, che hanno rivoluzionato le abitudini di tutti i giorni. Il concetto di globalizzazione è un fenomeno concreto che spero aprirà nuove strade sconosciute per l’inventiva artistica. Il mondo ad un certo punto, quasi in modo immediato, diventa più piccolo, l’informazione fluttua più rapidamente grazie alla telefonia, a internet, percependo l’impressione di essere più vicini; cambiano definitivamente il modo di comunicare e di pensare (anche se, ancora oggi i popoli non sono pronti culturalmente a tutto ciò, poiché nel ventunesimo secolo si erigono muri che dividono popolazioni). Le relazioni personali, fisiche e sociali sono state rimpiazzate da quella elettroniche e virtuali, che portano chiunque a comunicare, in qualsiasi momento, con qualunque parte del mondo. Le relazioni umane navigano in un sistema astratto tecnologico e l’individuo viene trasformato in codice alfanumerico. Inoltre lo sviluppo della scienza è alla base di questa importante trasformazione delle condizioni di vita, dei rapporti sociali, della concezione della realtà, e dalla nascita di nuove tecnologie. Il ventunesimo secolo ha una significativa evoluzione del concetto di scienza, proprio nel delinearsi del carattere tendenziale e probabilistico, attribuito alle leggi scientifiche. Queste osservazioni di cambiamento, basandoci sul postmodernismo e la scienza, portano a vivere le relazioni interpersonali in modo diverso e tecnologicamente, l’individuo viene bombardato attimo per attimo da una miriade di fattori palpabili e non. La multivariarte, guarda e osserva in parte le infinite relazioni che si combinano nell’uomo e tra l’uomo, imitando la vita. L’intuito è guardare ai nostri tempi, alla scienza e all’operato di grandi maestri tramite l’arte. Oggi si assiste a forti dibattiti sul rapporto tra arte e scienza, e a mettere in crisi il sistema è la messa in discussione del principio dell’oggettività del metodo scientifico, prodotto di un perfetto razionalismo di una verità univoca e certa, rispetto all’opera d’arte come un prodotto della irrazionalità. Non c’è dubbio sul rapporto arte e scienza, le due realtà culturali appartengono a mondi diversi, anche se sono manifestazioni culturali che stringono la stessa percezione di ricerca di significato che risiede nell’uomo. La scienza, sostiene che le leggi e i propri enunciati siano validi, necessità sconosciuta all’arte, che è un’esperienza metafisica, e mai oggettiva. Il matematico svizzero Armand Borel, ha pubblicato un saggio “Mathematics: Art and Science”, nel quale sostiene che la matematica prima è un’arte e poi una scienza, poiché procede inizialmente in modo intuitivo e disordinato come l’artista, successivamente valuta i concetti matematici nell’individuazione di principi teorici oggettivi. L’educazione estetica artistica e quella scientifica orientano la formazione di massa in direzioni veramente diverse. Il mio personale sguardo, va verso una scienza definita non deterministica, che forma metaforicamente lo spunto e la partenza della multivariarte. E’ una scienza relativamente giovane il cui contenuto non è ancora visibile in modo corretto, voglio dire che la maggior parte delle persone che pensa alla statistica si confonde con le statistiche: dati, tabelle, grafici, indici, medie, ma la statistica è altro. Quando dico che è una scienza relativamente giovane, bisogna pensare che inizia come un’attività pratica, accompagnata da una riflessione teorica “metodologia”.

I primi approcci risalgono al diciassettesimo secolo e sono state aiutate dallo sviluppo avuto dalla matematica e dalla visione galileiana. Quando un’attività diventa sempre più complessa e frequente, sorge la necessità di stabilire un metodo per la sua applicazione. In merito a questo ricordiamo che la prima Università italiana ad aver una cattedra di statistica fu quella di Napoli nel 1812. A tale disciplina era attribuito solo il compito di descrivere i fenomeni collettivi e non l’investigare sulle leggi che li possono governare. Questi primi metodi portavano, l’esclusione della statistica come scienza. Quando nella metà dell’ottocento l’insegnamento della statistica a Padova viene assegnato ad Angelo Messedaglia, inizia a svilupparsi la scuola italiana di statistica. Notevole importanza assume Antonio Gabaglio, statistico della seconda metà del diciannovesimo secolo, che tenta una sistemazione metodologica e mostra la sua idea di evoluzione della statistica. Corrado Gini è il più importante statistico italiano degli inizi del ventesimo secolo, che si laureò in giurisprudenza per poi appassionarsi alla statistica. Molto significativo il suo discorso “I pericoli della statistica”  tenuto per l’inaugurazione della Società Italiana di Statistica nel 1939, nel quale mette in guardia gli studiosi contro l’infondatezza logica di certi procedimenti, buttando così le basi per la revisione sistematica dei principi della metodologia statistica. M.G. Kendall, stabilisce che la statistica è un metodo generale, un linguaggio comune e serve per ottenere imperfettamente conclusioni probabili di popolazioni conosciute. Il suo carattere generico, oltrepassa le frontiere tra le differenti scienze. Questo senso generico unito alla preoccupazione per formalizzare la validità dei risultati, ha situato la statistica nel resto delle scienze e gli dà il carattere di strumento del metodo scientifico. Un punto centrale della discussione è, come fa Maurice George Kendall, distinguere la matematica dalla statistica come scienza della certezza e dell’incertezza, caratterizzando la statistica come una scienza che cerca di stabilire i limiti dell’incertezza.

La statistica, che voglio mettere in gioco, per la mia personale cultura, la definisco statistica complessa, la quale copre ormai quasi tutti i campi scientifici. Quando dico una scienza definita non deterministica, intendo dire che la matematica non lascia dubbio, stabilendo che 2+2=4; invece la statistica espone il problema di sommare due quantità ed analizzare la validità del risultato. La statistica è presente in tutte le scienze e rappresenta uno strumento essenziale per la scoperta di leggi e relazioni tra fenomeni, intervenendo in tutte le situazioni nelle quali occorre assumere decisioni in condizioni di incertezza, si conferma un momento importante della ricerca scientifica. Però di fatto pochi sanno che l’handicap di tutte le scienze è quello di non riuscire a rappresentare graficamente più di tre dimensioni o assi; la statistica con tecniche complesse riesce a rappresentare sul bidimensionale fenomeni che dipendono da una molteplicità di fattori, che fluttuano nella multidimensione. Tutto questo mi fa pensare acquisendo questo approccio statistico che l’artista in effetti è da sempre un buon osservatore dell’uomo e della sua epoca rappresentando e comunicando tramite l’arte.

La multivariarte si basa centralmente sull’uomo e sulla vita, e l’uomo e la vita vengono visti come risposte correlate da una moltitudine di fattori invisibili. L’aspetto che voglio mettere in evidenza si basa sulla osservazione e sulla comunicazione, guardando metaforicamente a metodologie ed approcci, che rappresentano fenomeni dipendenti da più variabili riuscendo a rappresentare graficamente sul piano la multidimensionalità. Per fare un pò di date si pensi che nel 1933 Harold Hotelling fonda l’analisi delle componenti principali e nel 1935 l’analisi della correlazione canonica entrate in uso nel 1970; nel 1935 Robert Tryon introduce il termine cluster analysis, nel 1979 Bradley Efron pubblica “Bootstrap methods:another look at the jackknife”. Oggi queste tecniche sono utilizzate in molte discipline, per fare un esempio sono applicate da multinazionali per le indagini di marketing, nonché nella psicologia, nella sociologia, nella politica, nella biologia, nella medicina, ecc. La statistica, ha sviluppato diverse metodologie e tecniche utilizzate in diversi campi, come l’analisi fattoriale, la cluster analisys, l’analisi delle componenti principali, l’analisi discriminante, l’analisi delle corrispondenze multiple, che riescono a dare e visualizzare sul piano un grafico, che riporta la multidimensionalità o tiene conto della multidimensionalità. Sicuramente la statistica si basa su principi oggettivi cercando di mantenere intatti la rappresentatività e la significatività del fenomeno rappresentato. Però per la mia personale esperienza ci sono fasi nell’applicazione di determinate tecniche, dove agisce una soggettività del professionista (che definisco genuina) che studia un fenomeno. Le scelte che il professionista può svolgere nelle diverse fasi dell’applicazione di una tecnica  dipendono principalmente dalla sua esperienza e dalla sua conoscenza del fenomeno sotto studio. Ad esempio per una delle tante tecniche e applicazioni, che si chiama cluster analisys gerarchica, viene effettuato ad un certo punto dell’analisi un taglio del dendrogramma, per la realizzazione di gruppi di dati omogenei al loro interno e eterogenei al loro esterno; questo taglio a secondo del livello che si effettua varia il numero di gruppi realizzati, scelta che può variare da professionista a professionista, anche se si studia lo stesso dataset i risultati possono variare per una scelta diversa dell’utilizzo del legame metrico (metrica).

“Ricordo una esercitazione all’università, un modello di regressione multiplo da studiare, con l’obiettivo di ridurre a 3 le 15 variabili esplicative, individuando le tre migliori variabili che influenzavano la risposta; il lavoro consisteva nell’eliminazione delle variabili ridondanti e non esplicative, e la loro eliminazione si basava sulla significatività di determinati test e analisi (e non proseguo oltre poiché ad un lettore non esperto può diventare difficile la lettura di queste terminologie). Tutti i trenta allievi siamo arrivati a tre variabili ma con un modello uno diverso dall’altro, cioè ognuno di noi con tre variabili diverse. Sicuramente molti erano modelli errati, poiché molti allievi non hanno letto bene i test di significatività e altri coefficienti, però una piccola parte di allievi aveva trovato dei modelli buoni, che si adattavano, ma sostanzialmente diversi.”

Voglio cogliere questa soggettività genuina, che esiste in queste tecniche statistiche, e cogliere la parte statistica camaleontica che cambia colore adattandosi all’habitat circostante. Voglio appropriarmi della soggettività del professionista, nelle scelte che effettua nelle diverse fasi di applicazioni di tecniche complesse, per lo studio e la sintesi di molti fattori che influenzano un fenomeno, e della capacità di realizzare graficamente sul piano, rispetto a due o tre dimensioni, la multidimensionalità, come spunto per la realizzazione di un’opera. Immagino un’artista che cerca di svolgere le sue osservazioni indagando in modo profondo l’aspetto che vuole mettere in evidenza, riportando sul piano della tela più dimensioni e i diversi aspetti significativi che influenzano profondamente l’uomo con l’arte. Immagino un artista dell’uomo e della vita che indaga profondamente le relazioni che intercorrono tra l’uomo e l’uomo, tra l’uomo e il sistema artificiale, tra l’uomo e il sistema naturale, tra l’uomo e l’universo interiore, tra l’uomo e l’universo. Inoltre c’è da dire che grandi maestri del passato si sono sforzati di andare oltre il piano restrittivo, guardando e osservando oltre. Il cubismo determinò la nuova dimensione plastica della pittura moderna, una sintesi e un’analisi di tipo geometrico, cercando di analizzare la realtà secondo criteri originali. I concetti di spazio e tempo, indagati dalle nuove considerazioni del tempo scientifiche e filosofiche, fondano una nuova visione del soggetto, trovando un originale criterio di scissione della realtà. Il critico Guillaune Apollinaire nel 1911 scriveva “non si tratta di un’arte di imitazione, ma di un’arte di concezione, che tende ad elevarsi fino alla creazione”, voleva dire che si dipinge secondo l’attuazione di un pensiero. Apollinaire arriva a dedurre una quarta dimensione, che non cautela più la geometria euclidea, ma accenna ai concetti di spazio e tempo espressi in pittura. Inoltre nel 1913 pubblicando il libro Les peintres cubistes, affronta il superamento delle tre dimensioni euclidee rimproverando i nuovi pittori il fatto di avere delle apprensioni geometriche. I nuovi pittori, non si sono presentati geometri, semplicemente per una preoccupazione basata sul principio dell’oggettività della scienza, non curandosi che in quegli anni gli scienziati non si limitavano più a considerare le tre dimensioni della geometria euclidea, e non occupandosi di nuove possibili misurazioni della dimensione, che nel linguaggio dei moderni studi del tempo venivano definite col termine di quarta dimensione. Picasso cercava di superare la tridimensionalità dalla sequenza degli stati, era tormentato dal processo della sequenza degli stati e dal loro risultato complessivo in quanto serie. Sembra che, nel 1945, avesse attuato un concetto parlando, di una delle sue tele: “Se fosse possibile, la lascerei com’è, a costo di ricominciare e portarla ad uno stadio più avanzato su un’altra tela. Poi farei lo stesso anche con quella… Non ci sarebbe mai una tela finita, ma solo i diversi stati di un singolo quadro, che normalmente scompaiono nel corso del lavoro”. Nella simultaneità delle percezioni di Boccioni si vive proprio la sintesi del doppio aspetto spazio e temporale, offre di un oggetto numerosi punti di veduta, riporta più volte la sua rappresentazione nel quadro e riesce a donarci il movimento multiplo, che può essere concepito come una ulteriore dimensione rappresentata nel bidimensionale. Inoltre il futurismo con Giacomo Balla nel manifesto “la ricostruzione futuristica dell’universo” spiega le ricerche precedenti dedicate alla velocità delle automobili: l’artista dopo averne sperimentato a lungo gli esiti, aveva percepito che il bidimensionale della tela non poteva riprodurre la profondità del volume dinamico, infatti costruì il primo complesso plastico dinamico. Tutto questo mi fa pensare che se questi grandi maestri, che hanno guardato la scienza, fossero esistiti oggi si sarebbero sicuramente appropriati delle nuove scoperte scientifiche come metodo estetico, e il piacere della manualità nella realizzazione dell’opera d’arte, e forse Balla avrebbe superato il suo problema della limitatezza bidimensionale della tela (che scrisse e esternò nel manifesto).