Se penso a Luca Paccioli, Leon Battista Alberti, Leonardo Da Vinci, Piero della Francesca che non solo sono stati artisti, ma anche scienziati e matematici, mi e veramente difficile scindere l’arte dalla scienza e viceversa. Gli studi sulla prospettiva di Piero della Francesca riportata nella sua pittura era realizzata secondo le regole del disegno geometrico. Il realismo di Leonardo, Mantegna e Michelangelo, derivano da precisi studi di anatomia compiuti su cadaveri. La scelta di piante e di animali che decorano i quadri non erano casuali; animali e piante potevano essere preferiti per la loro rarità e la presenza di certe configurazioni di nuvole nei quadri del rinascimento determinavano l’attenzione allo studio dei cambiamenti climatici. La realizzazione di un’opera d’arte era un espressione complessa di scienza e di cultura artistica. I canoni dell’artista rinascimentale erano anche canoni riconosciuti dalle avanguardie scientifiche di quei tempi. I pittori Signac e Seurat della corrente definita neoimpressionista, furono attirati dalle ricerche ottiche degli scienziati, dediti nel tentativo di contrastare all’empirismo impressionista leggi e teorie precise, basandosi sulla propria interpretazione del veduto. Seurat intende ricostruire l’impressione classica, su basi nuove e scientifiche; rimase così incantato dalle teorie ottiche di Eugène Chevreul, autore nel 1839 del trattato De la loi du contraste simultanè des couleurs. E’ lo stesso Chevreul, nel saggio De l’abstraction considérée relativement aux Beaux-Arts del 1864, scrive che “le Belle Arti ci propongono solo astrazioni, anche quando ci offrono un’opera che apparentemente riproduce un’immagine concreta”. Cezànne tratta la natura secondo il cilindro, la sfera, il cono, il tutto messo in prospettiva geometrica. Nel 1907 Picasso termina il ritratto di Gertrude Stein e incomincia il quadro “Demoiselles d’Avignon”, che apre l’arte ad una analisi nuova della realtà secondo concetti di spazio e tempo, facendo pervenire le prospettive multiple da un’inedita elaborazione della percezione dei volumi e della profondità. Il lavoro svolto da Picasso in relazione al materiale sulle  Demoiselles, per la realizzazione dell’opera, ha generato un grande lavoro di ricerca, creando centinaia di studi di tutti i tipi, schizzi e figure abbozzate per studiare come organizzare la rappresentazione di movimento e forme, schizzi fondamentali per la realizzazione delle Demoiselles. Picasso conosceva bene l’opera di un predecessore alla ricerca della bellezza ideale, Albrecht Dürer, che aveva condotto per tutta la vita studi antropologici dettagliati sulle proporzioni umane, iniziando da un sistema empirico sempre più meticoloso di misurazioni accurate, per poi indirizzarsi verso un principio di proporzioni fondate su rapporti numerici e rappresentazioni geometriche. Infatti Picasso nei disegni di Dürer, vide un approccio ragionato e bilanciato a un nuovo principio di bellezza. Non solo Werner Spies ma anche D. Lomas mettono in relazione i disegni di Picasso con i contemporanei studi antropometrici nel campo dell’antropologia fisica, che cercava di determinare scientificamente le caratteristiche delle fisionomie etniche del mondo. Picasso fece di più, sintetizzò l’insieme ideale e antropologico in quel che ha definito “un nuovo tipo di bellezza” rispetto gli antropologi della scuola darwiniana e Dürer. Picasso è venuto probabilmente a conoscenza del taccuino di Dresda di Dürer, nel quale cerca di armonizzare i rapporti variabili fra forma astratta e naturale, tramite lo storico dell’arte e critico tedesco Wilhelm Ulde, anche se qualche anno dopo sarà pubblicato dalla editio princeps l’intero lavoro di Dürer. Wilhelm Ulde ha elaborato i primi testi critici durante e dopo la creazione delle  Demoiselles, ed è stato lui probabilmente a far conoscere il lavoro di Dürer a Picasso, che ne fu affascinato mentre stava meditando Les Demoiselles d’Avignon. I futuristi con la fotografia si basarono sulle indagini in campo scientifico: sia in Francia che negli Stati Uniti, negli ultimi decenni dell’ottocento, vengono effettuate tecniche di misurazione del moto di uomini e animali con registrazione in sequenza ritmica, tecniche a cui gli artisti futuristi osservano con grande attenzione. Il medico francese Jules-ètienne Marey è l’inventore della cronofotografia, i cui studi erano indirizzati all’analisi della fisiologia umana. Le ricerche sviluppate da Eadweard Muybridge, erano collocare lungo un percorso una successione di macchine fotografiche equidistanti tra loro, che fornivano uno scatto fotografico progressivo di un soggetto in movimento, ne risulta un insieme d’immagini che certifica il transito di un corpo. Le indagini di Muybridge si svolgono sugli animali e convergono nel 1887 nell’opera Animal locomotion.

Queste scoperte scientifiche furono acquisite dai futuristi, primo tra tutti Giacomo Balla, che fa delle sequenze dinamiche interi cicli creativi e Anton Giulio Bragaglia che fa una specifica sperimentazione fotografica e nel 1911 pubblica Fotodinamismo futurista. Kandinskij pubblica nel 1926 il saggio “Punto, linea, superficie”, un testo che propone una visione rigorosa, razionalista della pittura, tradotta in un mondo di forme sempre più geometriche. Questo nuovo concetto realizzato è segnato nel 1922 dall’incarico come docente di pittura murale e di teoria della composizione presso il Bauhaus di Weimar. L’indirizzo razionalistico della scuola, si riflette nelle composizioni dell’artista che preferisce opere calibrate da rettangoli, cerchi e triangoli. L’ingegnere Calder Alexander a Parigi inventa una nuova ideazione che disloca il concetto di gravità e peso della materia. I suoi pensieri suscitano uno sconvolgimento copernicano, di sculture sospese in aria, definite, Mobiles, da Duchamp. Il movimento dei Dada, che nasce sotto il segno della negazione, accoglie come regola estetica il principio della casualità, un’espressione artistica che esplora esercizi aleatori. Il principio della casualità, visto come caso e l’assenza di regole non devono essere visti come assenza di impostazioni, ma come consapevolezza che certe situazioni o fenomeni con gli stessi presupposti di base, si possono manifestare in infiniti modi differenti. Il caso è da intendere come una nuova dimensione concettuale che lascia spazio all’imprevisto, all’evento inaspettato; in questo modo il caso è concepito come principio di indeterminismo, ingrediente fondamentale di determinate scienze. Scrisse Tristan Tzara: “Prendete un giornale. / Prendete le forbici. / Scegliete nel giornale un articolo della lunghezza che desiderate per la vostra poesia. / Ritagliate l’articolo. / Ritagliate poi accuratamente ognuna delle parole che compongono l’articolo e mettetele in un sacco. / Agitate delicatamente. / Tirate poi fuori un ritaglio dopo l’altro disponendoli nell’ordine in cui sono usciti del sacco. / Copiate scrupolosamente. / La poesia vi somiglierà …”. La stessa pratica è svolta da Hans Arp, che realizza opere lasciando cadere su un supporto, carta o disegni eseguiti da lui fatti a pezzi, che poi ferma nella posizione in cui si sono disposti (Quadri sistemati secondo la legge del caso, 1916). Lucio Fontana in Argentina nel 1946 pubblicò il manifesto Bianco, con il quale manifesta il suo pensiero il cosiddetto spazialismo, un movimento che si prospettava di adattare il linguaggio dell’arte all’evoluzione scientifica, l’apertura verso mezzi tecnici che fossero al passo con le scoperte della scienza e un offerta alle prime esplorazioni spaziali. Nel 1957 il gruppo Zero, come anche Fluxus, hanno rigettato l’individualismo, prospettando un concetto ideale di arte fondata sulla tecnologia, secondo l’idea del Bauhaus. Oggi, il rapporto tra arte e scienza è cambiato, poiché una parte di quella che viene chiamata scienza è applicazione tecnologica, e qui entrano in gioco la video-arte, i net artisti, il design, l’architettura, il restauro ed altro. Le nuove generazioni che ormai vivono in un ambiente di tecno-cultura, non distinguono più la separazione tradizionale tra arte e scienza, non si domandano più cosa sono scienza e arte, a differenza delle generazioni precedenti. La cultura contemporanea è una tecno-cultura che non separa più l’arte e la scienza. Sia l’arte e sia la scienza, oggi, sono valori del sapere globale e vengono incanalati nelle reti telematiche, valori portati avanti dagli artisti e dagli scienziati di tutto il mondo. Oramai finisce la visione di due culture opposte e prende forma la visione di due entità complementari intersecati tra loro. L’evoluzione della scienza segue le sue regole e le sue formalità, la cultura artistica è una cultura estetica, conoscenza di ciò che è bello. L’artista si inventa questa cultura estetica gradualmente, con la propria esperienza visiva e pratica nel realizzare l’opera. La multivariarte osserva una scienza, la Statistica, si appropria simbolicamente in modo estetico di quella rappresentazione realizzata sul piano, che sintetizza tramite quei punti, linee, poligoni e colori il significato di più dimensioni, rappresentando graficamente la multidimensionalità. La cosa graziosa è che la multivariarte rappresenta la multidimensionalità di tutti quei fattori in modo estetico, riconoscendola in tutto ciò che è bello, in tutto ciò che è natura, in tutto ciò che è cultura, in tutto ciò che è scienza e in tutto ciò che è opera d’arte, che fanno parte della vita dell’uomo o di ogni singolo individuo. Utilizzando gli strumenti più idonei che il  tempo ci mette a disposizione, adoperando le nuove tecnologie in maniera tale che il pensiero non venga governato da esse.